Tra illusione e disillusione, versi giocati sul filo d’un rito che vela e svela, con tutta la sensualità di quell’amore passionale ch’è propria di uno spirito libero.
Il tuo dolore lo sento sulla mia pelle come una trafittura. In questa lirica l’esacerbazione mostra il lato più forte della tensione emotiva che, a volte, cerchi di nascondere sotto una struttura compositiva più morbida ed edulcorata.
Il "dolore" è qui scarnito nella sua essenza più cruda, quella che t’annaglia i pensieri nei momenti in cui avverti la solitudine o la mancanza.
A volte vola altissima
la parola della poetessa
in cielo alta come folle
di tremante Bellezza.
Questi tuoi versi invitano a una riflessione su ciò che, normalmente, si definisce"dolore". Esso può essere espressione di una fisicità ferita, oppure di un sentimento oltraggiato. Ma, leggendoti, mi pare di coglierci un’ulteriore aspetto insito nel"dolore", ossia l’insondabilità che lo rende spesso indefinibile per origine e per destinazione. Ce lo si sente addosso, ce lo si sente dentro ogni cellula e nel cervello brilla ossessivo. È un po’ come quello che comunemente si definisce male di vivere, quello che ci leggo e sento a maggior ragione in questa tua chiusa molto sentita e magistrale.
"Nel mio dolore,
in fondo,
non so cosa c’è;
è solo dolore."